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| E' quanto si evince dalla pronuncia n. 16543/11 della Terza Sezione della Suprema Corte, la quale, dopo aver ricordato il carattere fondamentale e indisponibile del diritto al consenso informato, ha sottolineato come il medesimo non possa essere suscettibile di compressione, salvo ci si trovi in un contesto di manifesto e imminente pericolo di vita del paziente. Ove non si versi in siffatta situazione-limite, il medico non ha il potere di procedere ad effettuare interventi chirurgici ulteriori senza aver previamente raccolto il consenso della persona destinataria dell'intervento stesso. Questo assunto vale anche se tali operazioni posteriori risultassero "necessarie" dal punto di vista terapeutico e perfettamente eseguite, ossia senza aver commesso alcun errore tecnico. Ciò in quanto il paziente, non essendo nelle condizioni di poter consentire all'intervento, vedrebbe comunque lesa la sua dignità.
Nel caso concreto trattato dalla Corte, peraltro, dal trattamento sanitario sono conseguiti dei danni al paziente e pertanto la violazione dell'obbligo informativo non può che rivestire un valore eziologico sui danni medesimi.
Fonte: consulenzapenale.net
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