| Sarà l’ultima cena di Edoardo Raspelli, famoso giornalista, gastronomo, conduttore di Mela Verde, programma di successo trasmesso da Rete 4. Ma non preoccupatevi, non ha istinti suicidi. Vuole passare a miglior vita nel vero senso della parola: risolvendo il problema dell’obesità che lo affligge da tempo. Il tutto sotto l’occhio vigile delle telecamere per un reality che verrà trasmesso da Canale 5. L’abbiamo raggiunto per farci raccontare la storia.
Corre voce che sarà protagonista di un reality molto speciale...
«Questa volta non sarà qualcosa incentrato su una specialità gastronomica ma su un intervento che subirò venerdì prossimo al Policlinico di Milano, dove il dottor Ezio Lattuada (della Società Italiana di chirurgia dell’obesità e delle Malattie Metaboliche) inserirà nel mio stomaco un palloncino ripieno di acqua blu (al metilene) riducendone la dimensione. Mangerò meno e dimagrirò. Lo rimuoveranno dopo 6 mesi».
Ma le telecamere che cosa c’entrano?
«Al direttore di Videonews Claudio Brachino è venuta l’idea di farne un reality seguendo il mio processo di dimagrimento da questa fase operativa in poi. Interverranno anche uno psicologo e un dietologo: mi osserveranno per vedere come trascorrerò i primi tre giorni in ospedale e dopo il mio ritorno a casa. Anche durante la ripresa delle attività lavorative, compreso il mio programma Mela Verde. Si chiamerà Raspelli: il gastro reality. Insomma non mi vedrete mangiare ma forse vomitare. D’altra parte era necessario. Sono arrivato a pesare 125 chili. Nel 2001 sono stato colto da un infarto. Ho sofferto molto: per il dolore, anche fisico, ho perso 20 chili. Ma dopo, si sa, si festeggia, si sta meglio ... per cui li ho ripresi tutti. Con l’aggiunta di altri 5».
E la storia della “tua ultima cena”, che cosa significa?
«Cosa c’è di meglio che festeggiare l’addio all’obesità con una grandiosa mangiata? L’occasione sarà il Premio Antica Corte Pallavicina, giunto alla quarta edizione. Io stesso riceverò un premio come difensore delle migliori tradizioni gastronomiche e ambientali insieme ad altri personaggi attenti alle medesime tematiche, fra cui il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Il mio slogan è quello delle 3 T: terra, territorio e tradizioni. Non poteva esistere luogo più idoneo a rappresentarlo. La premiazione avverrà nella patria del Culatello di Zibello, a Polesine Parmense, nel bellissimo palazzo del 1500, chiamato appunto Antica Corte Pallavicina, restaurato dai fratelli Massimo e Luciano Spigaroli» .
Forse è meglio che dimentichi il culatello per un po’, non le pare?
«Proprio per questo hanno deciso di festeggiarmi offrendomi due cene favolose, una lunedì e una martedì. Le telecamere riprenderanno la mia grande abbuffata, a cominciare dai cuochi intenti a prepararmi deliziosi manicaretti».
Che cosa l’ha spinta a prendere questa decisione così drastica?
«Il momento scatenante è stato a Saturnia, in Toscana, dove dopo un ottimo pranzo in un ristorante buonissimo improvvisamente ho sentito le mie gambe diventare pesanti, non riuscivo più a camminare. Sono andato a farmi visitare da un medico che ha detto queste precise parole: dal punto di vista sanitario lei è una testa di cazzo. Mi sono offeso! Poi, forse per timore di non essere stato abbastanza chiaro ha aggiunto: lei continui così e fra un anno le amputiamo le gambe. Fra due anni sarà morto».
Ma perché mangia così tanto?
«All’inizio ero magrissimo. Guardate la mia foto ai tempi del liceo. Racconterò anche questi miei passaggi esistenziali e professionali. Già in seconda liceo scrivevo sul Corriere della Sera, nel 1971 mi occupavo della cronaca per il Corriere d’Informazione (fui il primo giornalista ad arrivare sul luogo dove venne ucciso il commissario Calabrese). Nel 1975 Cesare Lanza mi chiese di occuparmi di gastronomia e ottenni un grande successo come critico culinario. Sono 34 anni che mi occupo di cibo e ristoranti. Il mio lavoro è mangiare. Non sono un goloso. Lo sono diventato per professione».
Non teme le critiche di chi lo giudicherà uno sfruttamento di una malattia per aumentare l’audience?
«Spero di no. Io sono un uomo di spettacolo che adora lo spettacolo. Non vedo nulla di male nell’interpretare me stesso. Inoltre penso che le mie nausee, il disagio dell’endoscopia, i momenti difficili che arriveranno, i sacrifici che affronterò potranno essere d’utilità a chi ha il mio stesso problema. Voglio fare vedere alla gente come ci si può salvare la vita, usando uno strumento di impatto diretto: il reality».
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