| L'altra sera, quando aprendo la porta di casa non ho trovato ad accogliermi le lucine dell’albero di natale e le consuete decorazioni di tutti i dicembri della mia vita, mi è venuto un magone dell’altro mondo. La mia mamma cominciava con gli addobbi natalizi il primo giorno di dicembre. La sera del 30 andava in cantina a prendere su tutti gli scatoloni pieni delle decorazioni accumulate negli anni, li metteva dietro la scala e poi ogni giorno, noi bambini, prendevamo fuori qualche cosa. Era una festa. Ogni velina svolta era una sorpresa: questo è il BabboNatale che il nonno Sergio (suo padre) portò dal viaggio a Venezia, e questa lanternina rossa e azzurra la comprammo io e i miei fratelli alla fiera di San Giovanni in Persiceto, l’ultimo anno prima di trasferirci a Portonovo, e questo abete, ve lo ricordate?, lo abbiamo fatto insieme lo scorso anno con la creta. Ricordo quell’atmosfera magica come se fosse ieri. Un giorno erano le decorazioni sopra le porte, un altro i babbi natale e le stelle sui ripiani e sulle mensole, e poi le candele colorate che non erano quelle industriali e bellissime di oggi ma quelle, certo un po’ approssimative, che con la cera e i colori vegetali facevamo insieme a lei e agli altri mille bambini che gravitavano sempre nei dintorni della zia Annamaria. Il giorno 8 facevamo l’albero ed il presepe ma sull’albero non mettevamo il puntale per il quale aspettavamo la sera della vigilia e che veniva messo su proprio un attimo prima di uscire per la messa di mezzanotte; al rientro, invece, mettevamo il “bambingesù” nella capanna tra la Madonna e San Giuseppe. Dopo S.Stefano, cominciavamo a preparare i biscotti di pastafrolla - tondi tipo ghirlanda - che, insieme a lei, decoravamo con mandorle e pezzetti di cioccolato sbriciolati e che appendevamo all’albero insieme ai mandarini con nastri rossi o verdi. E chi veniva a trovarci poteva staccarli e mangiarseli purchè rifacesse il fiocco da lasciare sul ramo. Così succedeva che da S.Stefano alla Befana i rami, fra le decorazioni in vetro (palle, stelle, funghetti, lanternine, casette, trombe... quante erano! e quanto buffe ed ingenue le decorazioni della mia infanzia, così diverse da quelle monocromatiche e monotematiche raffinatissime di oggi!) e quelle in pastafrolla, i mandarini, e le figurine di cioccolata avvolte nella stagnola, fossero stracarichi. Che bello! Il 7 gennaio finivano le feste e riapriva la scuola ma la mamma aspettava il nostro ritorno, al pomeriggio, perché potessimo partecipare al rito del disfare albero e presepe e riporre tutto negli scatoloni, ben riavvolto nelle veline, pronto per l’anno successivo. Mentre legavamo l’ultima corda intorno all’ultimo scatolone, già cominciavamo ad aspettare il Natale successivo!
Ecco, in qualche misura io ho cercato di portare con me, nella mia casa di donna, quello che avevo avuto nella mia casa di bambina. Non è stato facile: quando mi sono resa conto che non ci sarebbero stati bambini con cui condividere quei preparativi, ad un certo punto, mi sono chiesta se ne valeva davvero la pena. E poi ho deciso di sì. Ho scelto di continuare per la bambina Paola. E per il bambino Giorgio che questa tradizione l’ha sfiorata solo di rimbalzo quando ha cominciato a frequentare la nostra casa. Ma proprio solo di striscio perché, Francesco ed io, come fanno gli adolescenti quando cominciano a sentirsi "grandi", ostentavamo una falsa sufficienza verso i preparativi dell’Annamaria che continuava a creare per noi - così adulti e raffinatamente anticonformisiti - quella magica atmosfera. Però... quanti bambini continuavano a transitare nei pressi della zia Annamaria, vicino a quei dolcetti da staccare dall’albero e a dire la preghierina davanti al bambino nella mangiatoia.
Basta, dicevo che questo è un anno un po’ strano: il primo che trascorreremo tutti separati. Giò ed io da mia suocera, praticamente in tre perchè il papà di Giorgio è ormai dal 18 agosto che non si alza più ed è presente solo a tratti. E mio fratello, mia cognata e le ragazze, con il papà di Giulia (messo di poco meglio di mio suocero) e la badante. E' da quando siamo tornati di corsa dal mare perchè il papà di Giò stava male, che giriamo come pazzi per l'assistenza infermieristica domiciliare, i presidi sanitari, le visite specialistiche domiciliari... Tutto questo ha fatto sì che - per la prima volta nella mia vita - il 1° di dicembre io non attaccassi nemmeno il più piccolo dei miei addobbi. E oggi - 13 dicembre - mi viene da chiedermi ma ha ancora un senso? E poi mi rispondo di sì. Perché quando ieri sera ho aperto la porta di casa e mi sono trovata davanti solo il buio dato che Giò era ancora da suo padre, ho avuto come l’impressione di vedere laggiù, nell’angolo dove dovrebbero brillare le lucine dell’albero di Natale, una specie di ologramma dell’Annamaria che scuoteva la testa sorridendomi un po’ mestamente come a dirmi che così non andava bene. Ed è stato come sentire la sua voce dirmi "eh, no, Paola, tempo o non tempo, tu lo sai, io lo avrei fatto. A costo di farlo di notte invece di dormire, qui ci sarebbero tutte le tue luci, le tue ghirlande, l’albero ed il presepe". E mi è venuto il magone.
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