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| Si ma Claudia quello che penso é che ci sta il ricovero con alimentazione controllata, peró io porrei nelle condizioni obbligatorie anche 2 sedute a settimana di psicoterapia per casi cosí gravi. Esercitare un certo controllo su se stessi ED ESSERE I PRIMI A VOLERE AIUTO é indispensabile per la riuscita sul lungo termine, ma voglio esprimere un pensiero forse un po' estremo, cioé che spesso la dipendenza da cibo é l'unica dipendenza trattata con la superficialitá di ritenere che "basta chiudere la bocca". In base a questo principio a un drogato basta non comprare siringhe e a un alcolista chiedere un succo di frutta al bar. Ma col cibo? Trasliamo il discorso su un alcolista. Passami l'ipotesi assurda che l'alcol fosse come l'acqua ma che per qualche ragione uno sviluppi una dipendenza. Inizia ad avere problemi di salute, perde gli amici perché troppo irascibile, un giorno se ne rende conto e va dal medico quando ha quasi la cirrosi, e il medico gli dice "beh, devi imparare a bere ma con moderazione, ti prescrivo una dieta". Quello va a casa, per un po' va bene, ma ogni tanto ha qualche ricaduta e alla fine ricomincia a bere anche se meno di prima. Alla visita successiva il medico vede gli esami e lo sgrida, dicendo che cosa vuole fare con la sua vita, che cosí si sta uccidendo, che se alla prossima visita va di nuovo cosí é fuori dal programma. Una persona dipendente da cibo ha la difficoltà in piú di dover convivere con la sua droga, non puó evitarla per smettere perché é impossibile non mangiare altrimenti si muore, ma questo la rende il triplo piú dura di qualsiasi altra dipendenza. Per questo mi fa arrabbiare vedere non dico nel cittadino comune (che puó non essere né empatico né formato sull'argomento) ma nei dottori certi atteggiamenti e certe uscite, un medico non se lo dovrebbe proprio sognare
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